Architettura e felicita’ : parte 2 , il mio punto di vista.

Sono entrato in libreria per cercare un paio di libri che da lungo tempo avevo in mente di leggere e mi imbatto proprioall’ingresso in Architettura e felicita’. Il titolo mi incuriosisce : l’architettura e’ qualcosa che mi ha sempre attratto, e il tema della felicita’, quando non ridotto ad una trattazione banale da manuale di selfhelp, mi sembra un terreno di doveroso approfondimento e abbinabile a diversi contesti (es: Economia e felicita’ di Luca De Biase).

Vedere una casa ben progettata, un oggetto di design innovativo che non sia solo di sterile virtuosismo mi ha sempreilluminato e dato soddisfazione. Capire il linguaggio e intuire che l’eventuale semplicita’ era frutto di una ricerca, di un dialogo di materiali e sensazioni e’ provare un po’ come lo stupore di fronte ad un bel gioco. Negli oggetti di architettura e’ presente l’ispirazione del creatore e la proiezione delle aspettative di chi lo fruisce. E’ una conversazione e un’interazione interessante.

E’ nel dialogo con la sofferenza che molte cose belle acquistano il loro valore. Conoscere il dolore si rivela inaspettatamente uno dei requisiti essenziali per apprezzare l’architettura. A prescindere da tutti gli altri fattori, forse dobbiamo proprio essere un po’ tristi affinche’ gli edifici ci commuovano davvero (pag 23)

Questo passaggio mi ha colpito e penso sia condivisibile, forse per conoscere la felicita’ autentica si deve passare dal suocontrario, per avere una prova tangibile di veridicita’; e’ un tema interessante da approfondire, in un altro momento.

Quando sperimento qualcosa che mi da’ soddisfazione nel riceverla, fruirla, mi viene la tentazione di dire e se fossi dall’altro lato ? ad esempio : ascoltare buona musica e’ una delle mie piu’ grandi soddisfazioni: mi piacerebbe saper suonare e poter crearla io stesso. ci ho provato e debbo dire che la mancanza di talento e molto di piu’ di impegno non ha prodotto grandi risultati e la stessa cosa, in grado anche maggiore con l’architettura. Quando si e’ trattato di scegliere tra economia aziendale e architettura avevo i miei bei dubbi, poi ho scelto economia sulla base piu’ o meno dello stesso ragionamento della musica. Aver inserito nella tesi di laurea un capitolo che confrontava l’architettura organica di Frank Lloyd Wright con i modelli organizzativi che sfruttavano telematica e information technology e’ stata una soddisfazione solo parziale.

Eppure il dubbio se la mia scelta sia stata giusta ogni tanto riaffiora, specialmente da quando nell’ultimo anno sto seguendo l’arredamento della nuova casa, e leggo o sfoglio riviste o pubblicazioni (ad esempio l’enciclopedia della casa di Repubblica) .
Specialmente poi rileggendo a pag 55 del libro di Alain De Botton… :

Le professioni impegnano una gamma distretta delle nostre capacita’, riducendo la possibilita’ di costruirci una personalita’a tutto tondo, e ci fanno sospettare (spesso la domenica sera, quando si fa buio) che gran parte di cio’ che siamo o potremmo essere e’ rimasto inesplorato.