Tra le persone incontrate oggi nel norditalia, decisamente piu’ le donne che gli uomini hanno percepito il terremoto della notte, io col mio sonno pesante, mi sembra di averlo solo sognato

a volte riuscire a risolvere un problema diventa quasi una questione di principio : dopo percorsi astratti, un esempio concreto trovato qui mi ha fatto vincere la battaglia con l’XML, almeno per lo scopo immediato del proof of concept, the sky is wide open per XHTML e magari un megaridisegno di questo sito

prendendo come pretesto voler realizzare direttamente un proof of concept di un programma usando Visual Basic che deve importare un file, mi sono avventurato nelle spire dell’ XML, cosa che per altro volevo fare da tempo. Ho quindi scoperto l’XML parser che verosimilmente sta su quasi ogni pc: MSXML e il DOM, sigle che da sole non so mi evoca qualcosa vagamente sado maso. Infatti sembra tutto piuttosto facile, ma evidentemente come quando mi sono messo per capire gli swaps, ci deve essere qualcosa che mi sfugge, i’ve yet to see the light, o meglio a me ora basterebbe riuscire a leggere ed estrarre specifici elementi tra i nodi di un documento xml.



Piu’ espresso che vino nella terra dei pomodori

Ovvero come anche dopo 15 volte, vedere nuovamente Ani DiFranco dal vivo possa continuare a distillare emozioni. Con questo spirito sono tornato dal concerto di Ani al Teatro della Concordia, Venaria Reale, Torino, Italia, 12 Novembre 2004.

E’ stata una Ani concentrata, decisamente con la situazione sotto controllo e ben supportata dal nuovo bassista Todd Sickafoose per la prima tappa del tour italiano 2004. Todd suona il contrabbasso aggiungendo pastoso spessore (in alcuni casi forse le linee piu’ punching di Jason Mercer colpivano meglio) e creativita’, quando usa l’archetto o si china sullo strumento ricavandono suoni percussivi.

Se l’anno scorso (Milano e Den Haag) mi era capitato di vedere la piccola folksinger un po’, come dire… persa , che se puo’ far a volte sorridere, per un’artista non e’ proprio il massimo, qui invece si vedeva che era molto attenta, presente, quasi tesa, sara’ come dopo il primo pezzo dove a proposito della cena prima del concerto esce modello aeroplanino con : vino vino vino, espresso espresso espresso… zzzzz mmmmmmm. Diciamo che era un buon espresso, carico al punto giusto.

La tecnica, beh quella e’ ancora tutta li’ presente, anche se ne sono passati di anni da cradle and all, l’esecuzione e’ fresca e micidiale, su alcuni pezzi, magari puo’ dare l’ impressione di essere anche piu’ rilassata e quasi come fosse “mestiere” di quanto non ti aspetteresti, ma forse questo e’ un riflesso derivato dall’ascoltarla comodamente in poltrona ; certo in altri tempi, quattro anni fa a pochi km da qui sono corso sotto il palco per recuperare la scaletta e rimasto in trance, come alcuni ragazzi che ho visto, che con 15 anni meno di me al primo concerto hanno avuto la loro gioiosa rivelazione

Comunque cio’ nulla toglie alle sue qualita’, che attraverso gli anni e momenti non facili sono presenti e consolidate, accresciute passando anche attraverso la delusione dell’esito della recente elezioni usa : “this is a another song about how it feels to be american, part of it, for me, sometimes” dice introducendo animal. E ancora, sforzandosi con il suo italiano dice: “abbiamo ehm problemi politico similare ma ahm almeno qui un pomodoro gusta come un pomodoro“.

Tra i due pezzi nuovi : nicotine e recoil mi ha colpito molto proprio il secondo per il suo, si puo’ dire : portamento? (saro’ io suonato, e parecchio, ma la tonalita’ e il giro all’inizio mi avevano fatto pensare a “mandela day”).

In Recoil parla anche di suo padre e se, come penserei, il riferimento personale e’ forte, non puoi non rimanere commosso ed emozionato del fatto che ancora una volta riesca a trasformare l’amarezza in determinazione, forse merito anche del pubblico che lei stessa nel concerto ringrazia per l’energia,

Grazie Ani.


incontrare una persona che dimostra una notevole competenza tecnologica abbinata ad una vasta rete di contatti, corroborata da acuta analisi storica e visione prospettica, nonostante esprima il tutto con una scarsa mancanza di modestia, e’ altamente stimolante. Fa pensare per contrappasso alla quantita’ di persone che parlano spavaldamente di cose di cui afferrano solamente la superficie, quando invece avere consapevolezza ed esperienza di cio’ di cui si parla e’, imho, una chiave per evolvere.

attraversare la valle dell’Adige, in treno da Verona a Trento, ieri, riserva la visione di molteplici sfumature d’autunno nei vigneti

me li immagino questi milioni di americani, alle prese oggi con macchine dai nomi tremendi : votronic, votomatic, shouptronic, insomma tutte le “voting machine” : vi ricordate il casino della conta dei voti in Florida nel 2000 ?

Dai vari sondaggi se votasse il resto del mondo invece che gli americani, il risultato sarebbe chiaro, speriamo almeno abbiano a cura i micetti 😉

Tutto e’ iniziato ascoltando “Man of the hour” nel doppio cd live dei Pearl Jam (benaroya hall 2003). Qui Eddie Vedder racconta che un paio di settimane prima il regista Tim Burton gli aveva inviato un anteprima di Big Fish e chiesto una canzone per i titoli di coda. Oltre al fatto che eseguissero una canzone ancora unreleased, proprio la canzone stessa mi aveva colpito per la sua grazia e serenita’ aggiungiamo il commento positivo di Ed al film ed ecco che il noleggio diventava improcrastinabile.

Il film mi e’ piaciuto molto e trovo sia piuttosto difficile da catalogare, direi che al centro c’e’ questo concetto delle storie che una persona racconta circa la propria vita e tutto quello che ci gira attorno; storie in cui e’ difficile scorgere il confine tra fantasia e realta’, ma non e’ questo il punto. In realta’ il film mi ha dato lo spunto per ripensare al raccontare.

Una storia non esiste se non hai a chi raccontarla, nel racconto e nella sua ripetizione si crea un ponte tra due o piu’ persone, tra due o piu’ momenti anche molto distanti nel tempo: sentire mia mamma quando mi racconta della sua infanzia (e ha una memoria decisamente buona) mi riporta in quei luoghi dove ha vissuto, e’ un tramandare e collegare.

Arricchire un racconto a volte serve per stimolare la curiosita’, renderlo piu’ vivo e non lasciarlo svanire. Nel film si dice che a furia di ripetere queste storie, si diventa quelle storie, non so se sia vero, ma certamente avere storie da raccontare rende la vita piu’ interessante; per certi versi e’ quello che succede su queste pagine, dove l’intestazione “ciampa has a story to tell and it’s ciampalog” e’ li’ da sempre, certo senza la pretesa di creare un’opera d’arte.

geekpostilla : Il film mi ha introdotto allo smanettamento con autogk, xvid, besweet e altri sw per i dvd di cui ignoravo l’esistenza, e ora mi sto ascoltando in .mp3 la versione di “man of the hour” che si sente sui titoli di coda.


prima di archiviare questo mese di ottobre vorrei lasciare una traccia di due appuntamenti a cui siamo stati che hanno dato sapore e gusto nelle scorse settimane. Siamo stati ad Alba, dove con l’occasione della fiera del tartufo tutta la citta’ e’ in festa con i vari borghi che recuperano tradizioni e fanno rivevere tempi lontani mentre assapori pane con l’uovo e il tartufo o la porchetta con le patate e cala la sera.

Domenica scorsa invece a Torino, al salone del gusto. Un’occasione per un orgia di degustazioni, assaggi, approfondimenti sul tema dei prodotti tradizionali che rischiano di scomparire e che con un lavoro attento vengono portati nuovamente sulle tavole del mondo. Avete presente quando leggendo vi imbattete in un articolo sulla biodiversita ? bene, qui c’era la traduzione tangibile e gustosamente concreta di cio’ che non solo un concetto astratto.

Formaggi, salumi particolari e un’enoteca con 1700 tipi di vini da degustare, questo mi fa venire in mente che il cibo e in particolare il vino sono un altro modo per viaggiare : ogni volta che degusti un vino sei trasportato nei luoghi dove e’ stato prodotto, raccolto e messo in bottiglia.

Durante i nostri viaggi portiamo spesso a casa prodotti tipici e una bottiglia di vino, quando la beviamo, a distanza magari di mesi, l’emozione rivive e ti ritornano in mente i ricordi della Pasqua ad Arles, con un piattone di … paella e una bottiglia di rose’ in due, o la sangria blanca di lanzarote e l’allegra difficolta’ di riuscire a camminare diritto…